Opinioni su
«La gioventù dibatte»
«La gioventù dibatte» è presente in Ticino dall’anno scolastico 2008-2009. In questi dieci anni molte persone hanno conosciuto e apprezzato questo progetto di educazione dei giovani al confronto argomentato e rispettoso di chi ha opinioni divergenti. Di seguito, il giudizio di docenti, studenti, giurati, politici, giornalisti, genitori che hanno avuto modo di osservare e sentire i dibattiti, nella forma competitiva (concorsi cantonali) e nella forma educativa-cooperativa (scuola).
» Maggiori informazioni:
- Tutte le nostre interviste
- Saluti di autorità e personalità
Don Rolando Leo, docente liceo Collegio Papio Ascona
Alessia Grassi, docente Sme Camignolo
Tiziano Conti, docente Sme Mendrisio
Gabriela Giuria Tasville, Fondazione diritti umani
Soraya Schiel Giannini, docente SCC Bellinzona
Marta Rossetti, studentessa
Dario Ciannamea, direttore Scuola media
Asia Ponti, studentessa
Tiziana De Gottardi, docente
Alex Priuli, studente
Il dibattito è il cuore della democrazia
Dibattere, confrontare idee e opinioni, non e un banale esercizio di fonetica.
Non è produrre voci che vanno a sommarsi all'universo in espansione infinita dei segni.
Dibattere presuppone un piedestallo saldo, in difetto di cui tutto l'impianto dialogico prima o poi collassa. E questo piedestallo è quello della consistenza dei fatti, della strutturazione degli argomenti nella loro solidità. Quando si dibatte non si può parlare tanto per parlare. Bisogna sapere di cosa si sta parlando, conoscere il tema, la sua natura, le sue possibili declinazioni. Insomma, pure in questo ambito bisogna studiare.
Invito tutti i giovani, in particolare quelli che si cimentano con il progetto «La gioventù dibatte», a non dimenticarlo mai. Perché, purtroppo, il mondo degli adulti anche su questo versante è sovente diseducativo. Lo è prendendo individualmente questa o quella persona; lo è spesso nelle sue declinazioni politiche.
Sovente questo modo di procedere si pasce pure nei campi della disonestà intellettuale.
Tutto ciò rende molto più difficile, a livello politico, la presa di decisioni pensate davvero nell'interesse collettivo e, in una dimensione più sociologica, questo modo di procedere è fonte d'incomprensioni, che a loro volta generano e si nutrono di pregiudizi, di steccati, di divisioni e di risentimento, che è uno dei grandi mali che stanno avvelenando la nostra società.
Certo, dibattere richiede da un lato la forza della conoscenza dei fatti, ma nel contempo anche l'umiltà della disponibilità all'ascolto delle tesi altrui, sempre che siano costruite sulla base del medesimo piedestallo di verità fattuale. Con attenzione e sensibilità anche alle ragioni del cuore, ma con sempre in mano, solidamente, la fiaccola della ragione.
Manuele Bertoli
Direttore del Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport